Tradizione e storia e confronto

Giovedì Santo

… Nel tardo pomeriggio del giovedì Santo, ogni anno, i giovani di Balme si radunano in due gruppi, uno sul fronte chiesa ed uno sul lato opposto denominato Crestet, all’imbocco della frazione Cornetti, muniti alcuni di grossi campanacci di mucca ed altri con corna di stambecchi, altri ancora con le sounaiess, i sonagli, conchiglie di mare, bucate in punta in modo da poter essere suonate. Tutti suonano qualcosa, campanacci, corni o conchiglie, suonano e strepitano a gran forza risalendo la strada principale e sostando nei caffè, agitando i campanacci con un gran frastuono. Poi si fermano per bere quanto vien loro offerto mentre chiacchierano.

Insolita tradizione quella di bere e scatenarsi nella notte della disfatta del Golgota, la più silenziosa e dolorosa della tradizione cristiana!

E’ un rituale che si ripete ancora ogni anno, ma i giovani ultimamente bevono meno alcolici e dunque la festa è sicuramente allegra, ma meno euforica rispetto a quel passato in cui la popolazione balmense era più numerosa e maggiore era il numero delle osterie. Attraversando le chintane si arriva, sempre suonando, al promontorio roccioso chiamato la Barma: la roccia al cui riparo si dice, un tempo, si rifugiassero i primi abitanti del più alto comune delle Valli di Lanzo.

La festa è decisamente significativa e, anche se poco conosciuta, tramandata di generazione in generazione senza codici scritti; ha origini molto lontane e risale ad un tempo in cui Balme era un paese molto popolato. Qualcuno arrivava da lontano. Abbastanza da portare con sé le conchiglie. Dalla Provenza, da Aigues Mortes per l’esattezza. Era proprio ad Aigues Mortes infatti che, molto tempo fa, nella settimana di Pasqua, si suonava una specie di conchiglia piuttosto grossa, diffusa nel Mediterraneo. I balmesi, da secoli dediti al commercio del sale che prendevano dalle saline della Provenza, vennero in contatto con le tradizioni marine e, con il sale, attraverso i colli d’Arnas e del Collerin portarono le conchiglie a Balme e le ribattezzarono le sounaiess, i sonagli. Così, mentre nel resto del mondo, nei giorni che precedono la Pasqua di Risurrezione di Cristo, si digiuna e si praticano silenzio e preghiera, a Balme si onora una tradizione ormai centenaria, pagana e vivace. All’inizio del secolo scorso, si chiamava la Festa Dìi Djudè, di Giuda e le conchiglie si chiamavano sounaiess, o lumasses, proprio per la forma di casetta di lumaca. Uno strumento di gran lunga preferito ai campanacci delle mucche che pure erano di diversa foggia e nome derivato dal paese d’origine, come, ad esempio i samounin perché originarie di Chamonix. Erano i Giudei, uomini del popolo di Giuda, i suonatori di conchiglie e si riconoscevano perché indossatori di un grande cappello di feltro nero che avrebbero tolto solo in chiesa, quando sedevano sugli scalini ai lati dell’altare, o per portare le statue in processione. Al termine della funzione religiosa, i Giudei ricalzavano il cappello e riprendevano a suonare con gran vigore campanacci e conchiglie con tanto fragore da angosciare i partecipanti alla funzione e rinvigorire il ricordo della tragedia della morte di Cristo per poi proseguire con una nuova festa nelle osterie. Il baccano in quella notte Santa però non fu sempre ben tollerato nel tempo, anzi. Alcuni documenti testimoniano la necessità di regolamentare i suoni di campanacci, corni e conchiglie ed in un Manifesto di Polizia, editato il 19 marzo 1887, in prossimità della settimana Santa, il Questore della Provincia di Torino, per voce del Sindaco di Balme, regolamenta l’uso degli strumenti durante la settimana di festa. Il documento è interessante perché appunto regolamenta la “musica” e l’impiego delle conchiglie, non impedisce nulla né rinnega, confermando così le radici lontane della tradizione e si legge un neologismo importante: “… proibito a chiunque di recarsi a sonagliare ed altri strepiti…” soprattutto in chiesa e per tutta la settimana Santa. Così, un po’ alla volta, la tradizione si trasformò da religiosa a profana o meglio tornò ad essere pagana.

Sono numerose le testimonianze di culti pagani, in tutta Europa: nell’antica Grecia, ad esempio, la conchiglia era simbolo di fertilità (femminile), ma anche di nascita, rinascita, rigenerazione ed ancor oggi sopravvive l’uso di suonare la tromba di conchiglia, ma solo più come una sorta di segnaletica sonora dei postini. Tradizioni ancor vive nell’Estremo Oriente rimangono a testimoniare l’uso della tromba di conchiglia nelle medesime occasioni rituali in cui l’archetipo guscio viene utilizzato come semplice simulacro o amuleto: nelle cerimonie dedicate alla fertilità, alla fecondità, alla nascita, alla morte-rinascita. Un modo per festeggiare allegramente la fine dell’inverno e la rinascita della natura, stagione che coincide con il calendario cristiano della Pasqua (morte-rinascita), ad inizio appunto della primavera, almeno a Balme dove il cambio di stagione si avverte qualche giorno più tardi rispetto alla pianura. E’ curioso come, mentre nel resto d’Europa il passaggio è dal rito pagano a quello cristiano, a Balme è successo il contrario o comunque entrambi le componenti, rito cristiano e quello pagano convivono e l’uso delle conchiglie, sonaglie, si tramanda ancora…