Cogitavi dies antiquos

Vita e gli studi del Conte Cibrario

cogitavi dies antiquosLe finestre semiaperte ed al centro una scritta: Cogitavi dies antiquos. Il tappeto di velluto rosso ricamato con lo stemma di famiglia muove appena nell’ombra e nella brezza di un fine agosto caldo fatto di acqua fresca e chiacchiere all’ombra dell’albero secolare che vide ridere e crescere in quella casa il conte Luigi Cibrario.
Il padre, Giambattista, era notaio. La mamma era Maddalena figlia dell’architetto Carlo Boggio. Luigi Giovanni Antonio Cibrario, di professione magistrato, nacque a Torino nel 1802 sotto il segno dell’acquario e fu senatore dal 1848, ministro della Pubblica Istruzione, delle Finanze e degli Affari Esteri; ebbe numerose altre nomine, tra le tante, ricordiamo quella di cavaliere e gran cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e cavaliere dell’Ordine supremo della SS. Annunziata 25 marzo 1869 che gli valse il collare ancora oggi conservato dalla famiglia. Due mogli e tredici figli, fu promotore del Museo di Stato di San Marino nel 1862 e tanto bastò perché nello stemma araldico della famiglia fossero poste le tre torri di San Marino. Ai lati dello stemma, in posizione araldica le due capre, Cevra in dialetto, da cui il nome Cibrario.
Prima della laurea in giurisprudenza acquisì quella in lettere nel 1821. Anno incisivo per la letteratura italiana, non solo per l’edizione manzoniana di Fermo e Lucia ma anche per la data 4 marzo, per gli editti e le pubblicazioni leopardiane. E’ un anno significativo per la rivoluzione Piemontese e il Cibrario fu politicamente vicino alla casa reale, a Carlo Alberto e pubblicò un’ode pubblicata per la nascita del figlio Vittorio Emanuele nel 1820 che consolidò l’amicizia con il re. Amico del latinista C. Boucheron, e ministro degli Interni e magistrato per la riforma degli studi P. Balbo. Fu amicizia profonda e sincera tra Cibrario e Balbo e fu proprio il Balbo che gli permise l’ingresso al ministero degli Interni come applicato ed il Cibrario. lo ringraziò con una biografia panegirico. Conseguì una seconda laurea, in diritto civile e canonico nel ’24 e dopo qualche anno, dopo aver pubblicato la sua prima opera storica in due tomi, Delle storie di Chieri, passò alla magistratura della Camera dei conti con il titolo di sostituto procuratore generale del re. Una storia di Chieri per raccontare dalle origini nel X secolo al XVI, seicento anni dopo, con particolare attenzione agli atti pubblici riguardanti l’amministrazione finanziaria e l’economia cittadina. Il Cibrario nutriva un particolare interesse per l’economia medioevale e ottenne riconoscimento ufficiale come storico di casa savoi nel 1832 da Carlo Alberto per aver approfondito i suoi studi e scritto il testo “Della Economia Politica del Medio Evo” tra il 1840 ed il ’41. La fiducia del re lo portò in Francia ed in Svizzera per raccogliere documenti riguardanti la monarchia di Savoia nei primi secoli e, terminato il viaggio, firmò con il Promis, l’opera “Documenti, sigilli e monete appartenenti alla monarchia Savoia (Torino 1833). Storico appassionato e specializzato nella storia di casa Savoia, scrisse “Origini e progresso della monarchia di savoia” nel 1855 e “la Storia di Torino” nel ’65.

Da sempre coltivò l’amore per le terre di Margherita, tanto da conservare gli incontri familiari e gli studi proprio ad Usseglio, in quella casa da cui poteva assaporare la natura in tutti i suoi aspetti e scrivere Lettre sur la route qui condisuiant anciennement par la valèe d’Usseil de Piemont dans la Haute maurienne. Ad Usseglio arrivò la carovana partita da Chambery per portare a Torino la Sindone nel 1578. Nell’aprile del 1867 il conte Cibrario fu chiamato nella cripta della basilica mauriziana a Torino per assistere alla tumulazione delle spoglie mortali della principessa Beatrice di Portogallo e Savia, la principessa che volle la Sindone a Torino. Il conte, predicato d’Usseglio, ne scrisse l’epitaffio.

Ormai malato da tempo si era spostato a Salò, sperando di poter trarre giovamento dall’aria lacustre ma proprio qui, il 1 ottobre del 1870 smise di scrivere, studiare e di vivere. Restano agli atti parlamentari le commemorazioni ed il dolore degli amici e dei colleghi che ne ricordarono sempre la temperanza di propositi, il coraggio civile e la moderazione con cui si era avvicinato agli altri stati.